Iniezioni Intravitreali
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Dr Giulio Bamonte
Medico Chirurgo Oculista Specialista in Malattie e Chirurgia della Retina
- Che cosa è: numerosi farmaci possono essere iniettati all’interno dell’occhio per il trattamento di alcune malattie retiniche e maculari. Le iniezioni intravitreali si riferiscono all’introduzione di un determinato farmaco con un ago, che attraversando la sclera, la parete esterna bianca dell’occhio riversa il contenuto della siringa nella cavità oculare interna riempita dal corpo vitreo. Le iniezioni intravitreali si differenziano da quelle peri-oculari, dove i farmaci sono distribuiti intorno all’occhio.
- Che cosa aspettarsi: l’iniezione intravitreale è in genere una procedura veloce e solo lievemente fastidiosa. E’ comunque praticata in sala operatoria per rendere i minimi i rischi infettivi.
- A chi è rivolto: le principali patologie passibili di cura con iniezioni intravitreali sono la Degenerazione Maculare Senile (AMD), le Occlusioni venose retiniche e la Retinopatia Diabetica. In genere le maculopatie essudative e le patologie oculari caratterizzate dalla crescita di neovasi rispondono bene a questo tipo di terapia.
Disegno raffigurante un’iniezione intravitreale
Per Approfondire – I farmaci intravitreali
I farmaci intravitreali di uso piu’ comune sono oggi il Lucentis e l’Avastin, ma anche alcuni derivati corticosteroidei come il triamcinolone e il desametazone.
Queste medicine hanno un ruolo importante nella gestione di malattie come la Degenerazione Maculare Senile (AMD), la Retinopatia Diabetica, le Occlusioni venose retiniche, il glaucoma neovascolare e altre caratterizzata comunque o dalla presenza di edema o di neovascolarizzazione.
Il Lucentis e l’Avastin sono farmaci anti-VEGF, con proprietà anti-angiogenetiche e anti-edemigene. Il VEGF, o fattore di crescita delle cellule endoteliali vascolari, è una molecola molto importante nella regolazione dei capillari sanguigni. La sua presenza è fondamentale per permettere un corretto sviluppo della vascolarizzazione corporea. Tuttavia, in alcune malattie, particolarmente in quelle caratterizzate da un danno ischemico, il VEGF è prodotto in eccesso. La conseguenza di questa iper-produzione è spesso una crescita anomala di nuovi vasi sanguigni o lo stravaso di fluido dai capillari.
Malattie come la degenerazione maculare senile umida e la retinopatia diabetica ne sono il tipico esempio.
Per questo, farmaci che ostacolino il VEGF trovano un largo impiego in queste patologie.
Il Lucentis e l’Avastin sono due farmaci molto simili.
L’Avastin, nome commerciale del Bevacizumab, è un farmaco inizialmente ideato per la cura del cancro del colon-retto. Nella cura dei tumori è iniettato endovena. L’utilizzo in campo oculare di questa medicina è iniziato a seguito delle osservazioni dei positivi effetti visivi che si ottenevano con l’uso di questo farmaco nei pazienti affetti da tumore e contemporaneamente da una delle malattie oculari sopraelencate. Il passaggio dalla somministrazione endovena a quella endovitreale è stato poi obbligato dal fatto che la via sistemica (endovena) comportava un maggior numero di effetti collaterali.
Il Lucentis, nome commerciale del Ranibizumab, è invece un farmaco studiato specificamente per l’uso oculare. Da un punto di vista strutturale tuttavia, Il Lucentis non è altro che un frammento dell’Avastin, modificato per renderlo (più) adatto alla somministrazione oculare. Caratteristiche del Lucentis rispetto all’Avastin sono una maggior affinità per il VEGF e una migliore penetrazione oculare. E un costo notevolmente piu’ alto (1000 euro contro 20 per iniezione).
L’efficacia dei due farmaci sembra essere molto simile. Gli studi scientifici principali si sono però concentrati soprattutto sul Lucentis, che si è dimostrato un farmaco molto efficace nelle malattie neovascolari retiniche. L’Avastin invece, nonostante sia largamente impiegato nella pratica clinica, non è mai stato studiato in maniera rigorosa. Qualche anno fa sono iniziati alcuni studi di comparazione tra le due molecole, i cui risultati saranno finalmente disponibili nel 2011.
La Procedura
Un’iniezione intravitreale non si discosta molto da un’iniezione praticata in qualsiasi altra parte dell’occhio. Tuttavia è necessario qualche accorgimento.
In Italia è praticata in sala operatoria per questioni di sicurezza, legate alla sterilità Il viso del paziente è coperto da un telo monouso con un’apertura per l’occhio. Le palpebre sono aperte da un piccolo divaricatore, il blefarostato. L’occhio, previa anestesia topica, è disinfettato con iodo-povidone, un liquido in grado di uccidere tutti i germi in pochi secondi. A seguito di una seconda dose di anestetico locale, il chirurgo da una siringa con ago molto piccolo (27 gauge) inietta una quantità minima di farmaco (di solito 0,05-0,1 cc) all’interno dell’occhio.
La puntura è eseguita nella sclera, la parte bianca dell’occhio, a circa 3,5-4 mm dalla cornea, direttamente nella cavità vitreale.
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